Il bambino conteso di Padova, prelevato con la forza dalla polizia: un’altra bella pagina di Storia

 

Intelligente, vivace e simpatico. Sono gli aggettivi che i giudici della sezione civile minori della Corte d’Appello di Venezia usano per descrivere il bambino di Padova, di soli 10 anni, prelevato ieri con la forza dalla Polizia mentre era a scuola,  in esecuzione   del provvedimento dei predetti magistrati. Con tale provvedimento, i giudici  hanno deciso l’affidamento esclusivo del bimbo al padre in base alle risultanze di una perizia psichiatrica – una C.T.U., per intenderci – secondo cui il bimbo, a causa del condizionamento psicologico della madre, soffre  della sindrome di alienazione genitoriale, detta “PAS”, ovvero rifiuta la figura genitoriale paterna in maniera talmente patologica  da rendere necessario, per la sua “guarigione”:  1) togliere l’affidamento del minore alla madre, per darlo in via esclusiva al padre,  2) prelevarlo coattivamente    dalla sua abitazione e dal suo mondo affettivo, amicale e   sociale abituale 3) e, dulcis in fundo,   portarlo in un ambiente,  definito dai giudici “neutro”, quale una casa famiglia! Il tutto, è ovvio, per la sua “guarigione”!  

 

Inaudito, ma vero. Lo stesso padre, infatti,  è stato ritenuto dai predetti magistrati inadatto a convivere con lui se non dopo un periodo di “resettamento” (!) del minore presso un ambiente neutro quale una casa famiglia, ove il bimbo tutt’ora si trova.  Nelle motivazioni della sentenza,   riportate dalla stampa locale  ( ma si attende di leggere il provvedimento per esteso),   alla madre viene imputata una “netta ostilità'” all’attuazione delle decisioni dei giudici. Per i giudici dunque  la  situazione del minore sarebbe   “gravemente rischiosa per la sua evoluzione psicofisica”. La madre, poi, sarebbe detentrice “di un potere assoluto sul figlio”, che si staglia su uno sfondo di un “conflitto sterile e stressante” fra i due adulti. Di qui la drastica   decisione di allontanarlo dalla madre – ed allo stato anche dal padre-  “per aiutarlo a crescere, a resettare e reinventare (!)  i propri rapporti affettivi”. 

Provvedimento discutibile e che infatti fa discutere molto, grazie al video  girato con il telefonino dalla zia del piccolo e mandato in onda da tutte le televisioni  italiane e sul web. Questo video mostra le scene raccapriccianti  del prelevamento coatto del piccolo dalla sua scuola. Le sue urla e le sue richieste di aiuto alla zia ed al nonno.  

Non si può, allo stato, entrare nel merito   di questa triste vicenda familiare  perchè non sarebbe giusto per la privacy delle persone coinvolte e perchè non si conosce il provvedimento dei giudici se non per sentito dire. Ma comunque, qualche parola va detta:  non si mette in dubbio, fino a prova contraria,  la onestà e la preparazione dei giudici che hanno preso la grave decisione di togliere l’affidamento del piccolo alla madre- cosa questa più unica che rara, nella giurisprudenza-  e neanche si mette in dubbio la effettiva esistenza di una conflittualità “sterile” tra i due genitori a tutto discapito del minore conteso. Ma ci sono comunque altri mezzi per ristabilire l’equilibrio psicologico di un bambino così in tenera età : poteva disporsi un periodo di mediazione familiare obbligatoria, di sostegno psicologico ai genitori, anche forzato, ma non   l’allontanamento forzato e coatto del minore stesso. E con che metodi , poi:  con un  “bliz”,  degno dell’arresto di un latitante. Il trauma che questo povero bimbo ha subìto   e che molto probabilmente continua a subire a tutt’oggi, nella   casa famiglia in cui si trova,  peserà sulla coscienza di tutti i protagonisti di questa vicenda, nessuno escluso, ivi compresi cioè i magistrati, i membri delle forze dell’ordine,  il C.T.U. che ha effettuato la perizia, e, non per  ultimi, gli stessi genitori.

Anzi, per quanto riguarda i genitori,  una precisazione va fatta:  è   molto probabile   che dell’evento traumatico sia responsabile anche la madre del piccolo che, come sostenuto,  non avrebbe   “collaborato”  all’esecuzione delle decisioni dei giudici, è però  evidente, a parere della scrivente, la  responsabilità   del padre,  che   ha concretamente scelto di eseguire coattivamente  il provvedimento della Corte di Appello,  in danno del proprio  figlio.

Ed è anche evidente che con le conseguenze  di tale scelta, che ci auguriamo per lui sia stata quella giusta,   il padre dovrà convivere  per tutta la vita.  

  

Lascia un commento