Per la Cassazione – sent. N. 17191 del 9 ottobre 2012 – la sentenza della Sacra Rota di nullità del matrimonio va delibata nello Stato Italiano anche se nella stessa si era semplicemente appurato, a mezzo delle testimonianze degli amici della coppia, che uno dei coniugi era propenso al divorzio in caso di difficoltà! Tale propensione è stata giustamente ritenuta dal Giudice ecclesiastico una riserva mentale all’indissolubilità del vincolo matrimoniale da parte di uno dei coniugi, tale da legittimare la pronuncia di nullità del vincolo matrimoniale religioso.
Fin qui dunque tutto normale, per la Sacra Rota. Un po’ meno però per lo Stato Italiano nel quale il divorzio è una conquista consolidata di civiltà, con la conseguenza che è assolutamente normale che chi si sposi in questo Stato pensi al divorzio in caso che le cose non vadano bene. Non solo: nel nostro Stato il vincolo matrimoniale, essendoci il divorzio, è palesemente non indissolubile, ragion per cui la sentenza della Sacra Rota era stata ritenuta non delibabile dalla Corte di appello di Salerno, cui ci si era rivolti. Ebbene, avverso la stessa ha proposto ricorso per cassazione uno dei coniugi e bene ha fatto, visto che la Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte di Appello ed ha ritenuto la sentenza delibabile.
Al riguardo, la Suprema corte ha ritenuto che per statuire sull’invalidità del matrimonio bastassero le testimonianze degli amici della coppia, ritenute prove idonee, dalle quali è risultata, oltre all’avversione al matrimonio di uno dei coniugi , il proposito di divorziare, qualora l’esperienza coniugale fosse risultata inappagante (!). Non solo, però : precisa la Corte che affinché ci sia invalidità del vincolo anche per lo Stato Italiano è necessario che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all’altro coniuge, ovvero che sia stata da questo effettivamente conosciuta, o ancora che non gli sia stata nota soltanto a causa della sua negligenza, posto che, qualora così non fosse, la delibazione sarebbe impedita dalla contrarietà della sentenza all’ordine pubblico italiano, che contempla il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole. Ha ritenuto dunque il matrimonio nullo ed ha rimandato i coniugi davanti alla Corte di Appello per la delibazione.